La Corte di Cassazione ha recentemente stabilito che la riproduzione integrale di un’opera d’arte senza l’autorizzazione dell’autore è illecita, ancorché sia contenuta, in scala ridotta, in una pubblicazione di carattere scientifico.

Il diritto di privativa nella riproduzione di opere d’arte e le sue eccezioni

In generale, il diritto di privativa è il diritto di utilizzazione esclusiva delle creazioni intellettuali, di cui è titolare l’autore dell’opera dell’ingegno. Tale esclusiva si traduce nel diritto di opporsi a qualunque uso non autorizzato dell’opera da parte di terzi.

Tra gli altri, all’autore spetta anche, sempre in via esclusiva, il diritto di riproduzione dell’opera, che ha ad oggetto “la moltiplicazione in copie diretta o indiretta, temporanea o permanente, in tutto in parte, dell’opera, in qualunque modo o forma, come la copiatura a mano, la stampa, la litografia, l’incisione, la fotografia, la fotografia, la cinematografia ed ogni altro procedimento di riproduzione” (articolo 13 della Legge 633/41).

La legge sul diritto d’autore prevede, tuttavia, talune eccezioni alla privativa di cui sopra.

Ai sensi dell’articolo 70 della citata Legge 633/41, il riassunto, la citazione o la riproduzione di brani o di parti di opera e la loro comunicazione al pubblico sono liberi se effettuati per uso di critica o di discussione nei limiti giustificati da tali fini e purché non costituiscano concorrenza all’utilizzazione economica dell’opera; se effettuati a fini di insegnamento o di ricerca scientifica, l’utilizzo deve inoltre avvenire per finalità illustrative e per fini non commerciali.

Il rapporto tra l’estensione del diritto di privativa e la portata dell’eccezione ha costituito oggetto di ampio dibattito dottrinale e giurisprudenziale.

La decisione in commento si inserisce in tale dibattito e chiarisce quali siano i limiti entro i quali l’eccezione possa trovare applicazione, con riferimento al particolare caso di riproduzioni di opere contenute in cataloghi aventi funzione scientifica.

Il caso concreto

La vicenda trae origine dalla pubblicazione, realizzata nel 2008 in collaborazione con un istituto Universitario, da parte di una fondazione costituita allo scopo di conservare e tutelare l’opera di un noto artista defunto, di un elaborato in sei volumi, denominato “Studio metodologico”, contenente la catalogazione informatica di 24.000 opere dell’artista, presenti nell’archivio della fondazione stessa. Gli eredi dell’artista avevano citato in giudizio l’ente, denunziando la violazione dei diritti di privativa sulla riproduzione delle opere (oltre che la reiterazione dell’abusivo utilizzo del nome del loro congiunto, già acclarato da precedenti decisioni).

Il Tribunale di Milano aveva respinto le domande degli attori, affermando che la pubblicazione dovesse ritenersi lecita ex art. 70 della Legge n. 633/1941.

La sentenza di primo grado era stata poi confermata, sul punto, dalla Corte d’Appello, secondo cui, in particolare, il fatto che le opere fossero state riprodotte con immagini di dimensioni in scala ridotta ne escludeva la funzione di fruizione artistica e/o economica e non esulava, pertanto, dai limiti della libera riproducibilità. La partecipazione dell’istituzione Universitaria al progetto confermava, per altro verso, a dire del Collegio, il carattere “scientifico” della pubblicazione.

La decisione della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha viceversa acclarato l’illegittimità della pubblicazione. La Suprema Corte ha chiarito che, per essere lecita, la riproduzione di opera altrui può avere ad oggetto solo suoi frammenti e/o particolari. La riproduzione integrale è viceversa vietata perché viola i diritti di privativa dell’autore, indipendentemente dalle dimensioni, ancorché ridotte, delle immagini contenute nella pubblicazione. Ciò in quanto il perimetro del diritto di utilizzazione economica dell’opera, che compete esclusivamente all’autore, ricomprende non solo la facoltà di operare la riproduzione di copie fisicamente identiche all’originale, ma qualunque altro tipo di replicazione dell’opera che sia in grado di inserirsi nel mercato della riproduzione, e quindi anche la riproduzione fotografica in scala.

Qui il testo integrale del provvedimento