Abbiamo analizzato il tema del se, ed entro quali limiti, è consentito al conduttore di sospendere il pagamento del canone di locazione e quando, invece, il medesimo conduttore può conseguirne una sua riduzione (il che, abbiamo accertato, può avvenire solamente previo provvedimento emesso dal Tribunale). Di seguito esaminiamo i diversi rimedi che consentono al conduttore di incidere sulla sopravvivenza del rapporto locatizio.

I caratteri tipici della locazione

La locazione è il contratto col quale una parte si obbliga a far godere all’altra una cosa mobile o immobile per un dato tempo, verso un determinato corrispettivo (art. 1571 c.c.).In estrema sintesi la locazione si configura come contratto consensuale (in quanto la consegna del bene, ai sensi dell’art. 1575 c.c., costituisce oggetto di una specifica obbligazione contrattuale) a prestazioni corrispettive (la prestazione a carico di ciascuna parte trova il suo presupposto e la sua giustificazione nella prestazione a carico dell’altra), a titolo oneroso (ciascuna parte, al fine di procurarsi un’utilità economica, sopporta un sacrificio patrimoniale: il locatore si priva del godimento del bene in cambio del canone; il conduttore assume l’obbligo di corrispondere il corrispettivo, al fine di conseguire il godimento del bene), di durata e a esecuzione continuata, commutativo (cioè non aleatorio, essendo certe le prestazioni di ciascuna parte e potendo locatore e conduttore prevedere, con sufficiente approssimazione, nell’ambito dell’alea normale che afferisce a qualsiasi contratto, l’entità dei rispettivi vantaggi e sacrifici).

Locazioni e provvedimenti governativi conseguiti al covid-19

I provvedimenti governativi che hanno imposto la chiusura delle attività commerciali, produttive, di servizi e dei punti vendita di beni non di prima necessità al fine del contenimento della propagazione del virus da Covid-19 (si veda il d.l. 23 febbraio 2020, n. 6 Misure urgenti per evitare la diffusione del Covid-19, convertito con modificazioni in l. 5 marzo 2020, n. 13, nonché le ulteriori misure restrittive che sia a livello centrale sia a livello regionale sono state approvate nel 2020 con effetti che perdurano anche nel primo semestre del 2021) non hanno avuto un’incidenza diretta sull’obbligo posto a carico del locatore di mettere a disposizione del conduttore i locali oggetto della locazione. Per contro, però, i suddetti provvedimenti hanno inciso sull’attività di impresa del conduttore.

Covid-19: il recesso dal contratto di locazione per gravi motivi

L’esperienza ha dimostrato uno scarso interesse del conduttore allo scioglimento del contratto e alla riconsegna dell’immobile al proprietario; quanto sopra in considerazione del fatto che ad andare perso sarebbe l’avviamento commerciale a scapito dello stesso conduttore. Tuttavia, si possono verificare casi (estremi, in verità) in cui il conduttore si trovi di fatto impossibilitato alla prosecuzione del rapporto.

In tali ipotesi l’art. 27, comma 8, Legge 392/78 (Legge Equo canone) riconosce al conduttore “indipendentemente dalle previsioni contrattuali” la facoltà di recedere dal contratto “in qualsiasi momento”, purché “ricorrano gravi motivi”.

I fatti che legittimano il conduttore al recesso

Per giurisprudenza costante i fatti che legittimano il conduttore al recesso devono essere estranei alla sua volontà; devono essere imprevedibili e sopravvenuti alla costituzione del rapporto e tali da rendergli oltremodo gravosa (sotto il profilo economico) la sua prosecuzione (cfr., ex multis, Cass. 28 febbraio 2019, n. 5803; Cass. 24 febbraio 2004, n. 3651; Cass. 20 febbraio 2004, n. 3418; Trib. Palermo, 22 marzo 2017; Trib. Pisa, 22 marzo 2016, n. 437). I motivi vanno specificati nella comunicazione di recesso. La specificazione dei motivi inerisce al perfezionamento stesso della dichiarazione di recesso e risponde alla finalità di consentire al locatore la precisa e tempestiva contestazione dei motivi sul piano fattuale o della loro idoneità a legittimare il recesso medesimo (Cass. 3 novembre 2020, n. 24266).

Soggiace ai medesimi principi anche il recesso esercitato dalla pubblica amministrazione, in qualità di conduttore, dal contratto di locazione a uso non abitativo concluso “iure privatorum” (Cass. 13 aprile 2021, n. 9704).

Covid-19: il recesso dal contratto di locazione per gravi motivi non è recesso ad nutum

La gravosità della prosecuzione deve eccedere non solo la normale alea del contratto, ma consistere in uno squilibrio, sopravvenuto, tra le prestazioni originarie e idoneo a incidere significativamente sull’andamento dell’azienda globalmente considerata (Cass. 24 settembre 2019, n. 23639). Detta gravosità deve avere una connotazione oggettiva, non potendo risolversi in una unilaterale valutazione effettuata dal conduttore in ordine alla convenienza o meno di continuare il rapporto locativo, giacché altrimenti si ipotizzerebbe la sussistenza di un recesso ad nutum contrario all’interpretazione letterale dell’art. 27, ultimo comma, delle Legge n. 392/1978.

Cass. 24 settembre 2019, n. 23639 ha considerato legittimo il motivo di recesso dipendente dalla “gravità della crisi economica determinatasi in relazione alla collocazione geografica dell’attività commerciale svolta all’interno dell’immobile locato”. Già precedentemente, Cass 20 dicembre 2004, n. 3418 aveva ritenuto legittimo il recesso del conduttore giustificato dalla chiusura della filiale dell’impresa — con sede nell’immobile detenuto in locazione — in conseguenza della crisi economica sfavorevole all’attività della stessa, sopravvenuta e oggettivamente imprevedibile al momento della stipulazione del contratto (cfr., anche, App. Firenze, 28 marzo 2013, n. 100, fattispecie nella quale i giudici di appello hanno confermato la legittimità del recesso esercitato dal conduttore sulla scorta del fatto che nel corso del biennio antecedente alla comunicazione aveva operato consistenti licenziamenti del personale e la chiusura di numerosi depositi, configurando la considerevole diminuzione del fatturato correlata al perdurante e sostanzioso decremento della domanda di prodotti da ascrivere ad una pesante contrazione dei consumi in connessione della notoria crisi economica mondiale).

L’emergenza da Covid -19 e i provvedimenti che ne sono conseguiti sono sicuramente un evento estraneo alla volontà del conduttore che, alla data in cui è stata proclamata, era sopravvenuto alla stipula dei rapporti locatizi in essere e imprevedibile alla data della loro formalizzazione. La sua gravosità va però valutata caso per caso in relazione all’andamento del rapporto. Infatti, “una crisi di liquidità da mancati incassi” non è stata considerata “imprevedibile al momento della stipulazione della locazione”, ma rientrante nel rischio di impresa, con la conseguenza che è stata esclusa la ricorrenza degli estremi giustificativi del recesso ex art. 27 legge “Equo Canone” (Cass. 11 agosto 1997, n. 7460).

Covid-19: nel recesso dal contratto di locazione per gravi motivi permane l’obbligo del pagamento dei canoni

Il recesso dal contratto di locazione implica la sola caducazione del rapporto contrattuale. Permane però l’obbligo del conduttore di corresponsione dei canoni maturati sino alla cessazione del contratto, ossia nei sei mesi successivi alla data di preavviso indipendentemente che il rilascio sia avvenuto in un momento anteriore (cfr. Cass., 24 maggio 2017, n. 13092; Trib. Teramo, 7 giugno 2016, n. 706).

Covid-19: la risoluzione del contratto di locazione per onerosità sopravvenuta

Poiché i “gravi motivi” che consentono al conduttore di un immobile, adibito ad uso commerciale, di recedere anticipatamente dal rapporto di locazione (art. 27, comma ultimo, l. 27 luglio 1978 n. 392) devono essere sopravvenuti alla stipula del relativo contratto e imprevedibili a tale momento, la fattispecie non si sovrappone a quella diversa che consente al medesimo conduttore di fare valere la risoluzione del contratto di locazione per eccessiva onerosità sopravvenuta (art. 1467 c.c.) in cui è, però, necessario che l’evento sopravvenuto sia, anche, eccezionale e incida sulla sinallagmaticità delle prestazioni (Cass., 11 agosto 1997, n. 7460).

In altri termini, l’eccessiva onerosità sopravvenuta della prestazione determina, ai sensi dell’art. 1467 c.c., la risoluzione del contratto laddove vi sia, da un lato, lo squilibrio tra le prestazioni non previsto al momento della conclusione del contratto, e dall’altro la riconducibilità dell’eccessiva onerosità a eventi straordinari e imprevedibili, non rientranti nella normale alea contrattuale.

Invero, nei contratti a prestazioni corrispettive, a esecuzione continuata o periodica o differita, ciascuna parte assume su di sé il rischio che gli eventi alterino il valore economico delle rispettive prestazioni, entro i limiti rientranti nell’alea normale del contratto, da tenersi pertanto presenti da ciascun contraente al momento della stipulazione, alla stregua della dovuta diligenza. Ne consegue che non assume al riguardo rilievo la sopravvenienza di circostanze prevedibili che rendano comunque eccessivamente gravoso – e pertanto inesigibile l’adempimento della prestazione – vertendosi in tal caso non già in tema di alterazione dell’economia contrattuale bensì d’inadempimento (Cass. 25 maggio 2007, n 12235).

Le condizioni della valutazione dell’onerosità sopravvenuta

Nei contratti a esecuzione continuata o periodica ovvero a esecuzione differita, se la prestazione di una delle parti è divenuta eccessivamente onerosa per il verificarsi di avvenimenti straordinari e imprevedibili, la parte che deve tale prestazione può domandare la risoluzione del contratto, con gli effetti stabiliti dall’art. 1458 c.c. (ex art. 1467 c.c.).

Il carattere della straordinarietà è valutato in modo oggettivo, dovendosi qualificare in base alla frequenza dell’evento, alle dimensioni e all’intensità; quello della imprevedibilità ha natura soggettiva facendo riferimento alla fenomenologia della conoscenza (Trib. Roma, 29 maggio 2020; Trib. Roma, 13 aprile 2017, in Redazione Giuffrè 2017; Cass. 11 agosto 1997 n. 7460, in Giust. civ. Mass. 1997, 1396, in Arch. Loc. 1997, 994).

La domanda di risoluzione per eccessiva onerosità sopravvenuta deve essere corredata dalla rigorosa prova del fatto la cui sopravvenienza abbia determinato una sostanziale alterazione delle condizioni dello scambio negoziale originariamente convenuto tra le parti e della riconducibilità di tale alterazione a circostanze assolutamente imprevedibili (Cass. 19 luglio 2018 n. 19296; Trib. Milano, 3 luglio 2014, n. 8878, in Redazione Giuffrè 2014; Cass. 7 ottobre 2014 n. 21106). Spetta a chi la invoca dimostrare i presupposti di cui all’art. 1467 c.c. per tutto l’arco di tempo intercorrente tra il momento in cui doveva avvenire l’esecuzione del contratto e quello in cui viene richiesto l’accertamento dell’eccessiva onerosità (cfr. Trib. Pisa, 30 giugno 2020, in Redazione Giuffré 2020).

 

In relazione ai contratti in corso alla data del verificarsi dell’emergenza epidemiologica da Covd-19 quest’ultima rappresenta sicuramente un evento straordinario. Di contro, occorrerà valutare, caso per caso, se anche la prestazione dovuta dal conduttore (i.e., pagamento del canone, la cui misura, è noto, è parametrata in ragione dell’intero anno solare ed è calcolata in funzione della durata concordata dalle parti) sia divenuta eccessivamente onerosa (ai fini della richiesta di risoluzione ex art. 1467 c.c.) per un evento sì straordinario e imprevedibile, ma, pur sempre, temporaneo.

In ogni caso, a fronte di una domanda di risoluzione del contratto per eccessiva onerosità sopravvenuta, la parte contro la quale è formulata (i.e., il locatore) può evitarla offrendo di modificare equamente le condizioni del contratto (cfr. Trib. Roma 29 maggio 2020; Trib. Taranto, 3 marzo 2018, n. 594; Cass. 11 gennaio 1992 n. 247, in Giust. civ. Mass. 1992, fasc. 1, in Vita notarile 1992, 548).

Però la riduzione del canone non è automatica: il conduttore che ritiene che la sua prestazione sia divenuta oggettivamente eccessivamente onerosa, a causa delle limitazioni imposte dalla emergenza da Covid-19, può solo domandare la risoluzione del contratto. È semmai il locatore che, per evitare lo scioglimento del rapporto, può offrire di modificare il contenuto nell’obbligazione a cui il conduttore è tenuto ristabilendo l’equilibrio contrattuale.