Con un’interessante pronuncia della Corte di Appello di Milano (sentenza n. 93 del 13 gennaio 2021), i giudici Meneghini hanno chiarito che le locazioni aventi finalità turistiche, benché di natura transitoria, non comportano violazione del regolamento condominiale che vieta al proprietario della singola unità immobiliare di ricavarne un albergo, una pensione, un B&B, un ostello o un’attività di affittacamere.

Il divieto di destinare il proprio immobile a struttura ricettiva

Prima di entrare nel merito della decisione assunta dalla Corte di Appello, va evidenziato che il divieto di destinare la propria unità immobiliare a struttura ricettiva rappresenta una limitazione alle facoltà di godimento incluse nel diritto di proprietà immobiliare. Come noto, l’art. 1138 c.c. esclude che le norme del regolamento di Condominio possano “menomare i diritti di ciascun condomino, quali risultano dagli atto di acquisto e dalle convezioni”. Ne consegue che “solo un regolamento avente fonte “contrattuale” può imporre limitazioni all’esercizio dei poteri e delle facoltà che normalmente caratterizzano il contenuto del diritto di proprietà (tanto sulle parti comuni, quanto sulle unità immobiliari di proprietà esclusiva), atteso che lo stesso è espressione diretta della volontà di tutti i partecipanti al condominio” (Tribunale Roma sez. V, 15/10/2019, n.19739).

La pronuncia della corte d’appello di Milano

Ciò chiarito, nel caso sottoposto all’esame della Corte, un Condominio di Milano ha convenuto in giudizio il singolo condomino al fine di accertare la violazione del regolamento condominiale da parte dello stesso, atteso che quest’ultimo era solito affittare la propria unità immobiliare per brevi periodi tramite il portale Airbnb.

Senonché, la Corte di Appello di Milano non ha ravvisato alcuna violazione delle prescrizioni contenute nel regolamento condominiale in quanto oggetto delle prestazioni offerte dal proprietario dell’unità immobiliare era il mero godimento dell’appartamento dietro corrispettivo, per periodi brevi o brevissimi.

I contratti di locazione con finalità turistica

Con la decisione in commento, la Corte di Appello di Milano ha avuto modo di precisare che i contratti aventi finalità turistica sono differenti da quelli di tipo alberghiero poiché difettano di tutte quelle prestazioni accessorie (quali la pulizia periodica dei locali, il cambio sistematico della biancheria d’arredo, la somministrazione di cibo e bevande) che sono invece tipicamente ricomprese in un albergo, un B&B, un ostello o un affittacamere. Pertanto, si tratta di contratti completamente differenti.

Ne consegue che alcuna limitazione potrà essere imposta al proprietario di un’unità immobiliare che decida di affittarla per finalità turistiche, quand’anche il regolamento condominiale dovesse vietare la destinazione d’uso recettiva delle unità immobiliari. In chiusura, la Corte ha avuto modo di precisare che “le locazioni aventi finalità turistiche non sono necessariamente più moleste per gli altri condomini rispetto a quanto potrebbe esserlo una di durata quadriennale atteso che il turista, di norma, è un adulto senza animali al seguito che per la maggior parte della giornata non occupa l’immobile” (cfr. C.A. di Milano, sent. n. 93 del 13 gennaio 2021).

I precedenti del tribunale di Milano

Analoghe conclusioni erano già state assunte dal Tribunale di Milano con una più risalente pronuncia del 16 dicembre 2019.

In tale occasione i giudici Meneghini – cui era stato chiesto di accertare se i contratti di locazione ad uso turistico, conclusi dai proprietari delle singole unità immobiliari, violassero il regolamento condominiale che vietava di destinare i locali di proprietà esclusiva ad alberghi, pensioni e camere di affitto – avevano rilevato che le locazioni turistiche in esame non erano state concluse in violazione del regolamento condominiale.

In particolare, i Giudici del Tribunale di Milano hanno fondato la decisione sulla circostanza che i contratti di locazione stipulati non contemplavano l’erogazione di prestazioni accessorie legate alla permanenza nelle unità immobiliari quali, ad esempio: il riassetto quotidiano dei locali con pulizia, la fornitura periodica della biancheria da letto e da bagno, il servizio di prima colazione, la somministrazione di cibo e bevande. Pertanto, in difetto di tali prestazioni accessorie, era stato escluso che l’attività posta in essere dai proprietari delle unità immobiliari potesse essere qualificata quale attività ricettiva.

Né sarebbe possibile interpretare estensivamente i divieti imposti nel regolamento condominiale, atteso che le clausole regolamentari devono essere interpretate con grande rigore. A tale ultimo proposito la giurisprudenza è pressoché unanime nel ritenere che i divieti e i limiti di destinazione alle facoltà di godimento dei condomini sulle unità immobiliari in proprietà esclusiva devono risultare da espressioni incontrovertibilmente rivelatrici di un intento chiaro ed esplicito, non suscettibile di dar luogo ad incertezze.