La normativa in materia di cessione dei crediti nei confronti della Pubblica Amministrazione è complessa e stratificata nel tempo. Il legislatore, al fine di tutelare il debitore pubblico, ha introdotto negli anni alcune deroghe alla disciplina generale di cui agli artt. 1260 e ss. c.c. in punto di cessione dei crediti.

Secondo la disciplina codicistica l’atto di cessione “la cessione ha effetto nei confronti del debitore ceduto quando questi l’ha accettata o quando gli è stata notificata”. Essa è efficace e produttiva di effetti tra le parti (cedente e cessionario del credito) a prescindere dalla adesione del debitore, che non può opporsi. La comunicazione a esso ha solo la finalità di mettere il debitore nelle condizioni di pagare il debito al soggetto che effettivamente ha tenuto a riscuoterlo.

Nel caso di cessione di crediti vantati verso la PA il legislatore invece ha introdotto il divieto di cessione in assenza di adesione esplicita della Pubblica Amministrazione.

L’ambito applicativo della normativa in esame è la seguente:

  1. oggetto di cessione devono essere crediti vantati solo verso le Amministrazioni statali. Sul punto la giurisprudenza ha, in più occasioni, rilevato che il R.D. 18 novembre 1923, n. 2440 (artt. 69 e 70) riguarda la sola Amministrazione statale ed è insuscettibile di trovare applicazione analogica o estensiva con riguardo ad amministrazioni diverse (si vedano in questo senso ex multis: Cass. 20 gennaio 2021, n. 996; Cass. 15 ottobre 2020, n. 22315; Cass., 13 dicembre 2019, n. 32788 e Cass. 21 dicembre 2017, n. 30658; per la giurisprudenza di merito: Trib. Napoli, 13 febbraio 2023, n. 1565, Trib. Verbania, 24 gennaio 2023, n. 21 e T.A.R. Milano, 14 gennaio 2022, (ud. 26/10/2021, dep. 14/01/2022), n.69);
  2. il credito ceduto deve trarre origine da rapporti di durata (appalto, somministrazione, fornitura);
  3. il rapporto, da cui ha tratto origine il credito ceduto, deve essere in corso alla data della cessione.

 

Trattasi di disciplina di stampo pubblicistico volta a consentire all’Amministrazione ceduta l’esercizio di un penetrante controllo sulla circolazione delle “risorse” pubbliche. Nella sostanza, l’obiettivo perseguito è quello di fare in modo che il creditore (che è, anche, il fornitore del servizio alla PA) utilizzi il corrispettivo di cessione per l’esecuzione del contratto (che è in corso).

Se questa è la necessità che si è inteso salvaguardare, non vi è dubbio che intanto vi è ragione dell’adozione di questa particolare forma di tutela dell’amministrazione pubblica, in quanto dalla cessione possano derivare effetti pregiudizievoli al rapporto in essere.

Ove questo sia cessato, non vi è ragione per applicare la disciplina in deroga a quella generale di cui all’art. 1260 e ss. c.c.

Il principio è stato più volte espresso dalla Corte di Cassazione che ha chiarito che l’adesione dell’amministrazione interessata si pone come condizione di efficacia della cessione del credito solamente se il contratto è “in corso”; essa viene meno quando il rapporto contrattuale si è esaurito.

È stato in particolare osservato che “l’inefficacia della cessione (priva della adesione dell’amministrazione interessata) sussiste sino a quando il contratto è ‘in corso’, onde cessa con la conclusione del rapporto contrattuale. A tal proposito si è parlato, in dottrina, di ‘inefficacia provvisoria’ della cessione”. Con la conseguenza che “per il rigetto della domanda proposta dalla Cassa cessionaria del credito, era necessario accertare altresì che il contratto fonte del credito era ‘in corso’ anche al momento della decisione, poiché se, in tale momento, il rapporto contrattuale si era esaurito, non sussisteva più la causa di inefficacia della cessione” (Cass. 18 novembre 1994, n. 9789, cfr. altresì in tal senso: Cass. 11 gennaio 2006, n. 268).

 

Cosa succede nel caso di cessione di crediti derivanti da somministrazione di energia elettrica e gas?

Nel tempo si è affermato un orientamento giurisprudenziale diverso secondo il quale il divieto di cessione in assenza di adesione della P.A (secondo l’art. 70, r.d. 18 novembre 1923, n. 2240) non è applicabile al caso di cessione di crediti derivanti da somministrazioni di energia elettrica integralmente eseguite e fornite prima della stipula della cessione; e ciò a prescindere della cessazione o meno del rapporto alla data della cessione (cfr., T. Palermo, 7 gennaio 2023, n. 95 e C.d.A. Milano, 7 luglio 2020, n. 1700).

La ragione è da rinvenirsi nel fatto che la fattura commerciale rilasciata dal fornitore traduce, in termini monetari (i.e., a titolo di corrispettivo per la vendita), la fornitura di un quantitativo di energia che (all’atto della registrazione contabile) è stato già immesso nella disponibilità del cliente.

Nella sostanza, ogni singola fornitura di energia al cliente esaurisce i suoi effetti nel momento stesso in cui la fornitura viene immessa nella disponibilità del cliente (mediante passaggio e registrazione del contatore elettrico).

Sulla scorta di tale orientamento, alla cessione di crediti inerenti forniture energetiche e/o di gas, attestate dalla relativa fattura commerciale, trova applicazione la disciplina generale di cui all’art. 1260 c.c. e non quella speciale di cui al r.d. 18 novembre 1923, n. 2240. Con la conseguenza che l’adesione della PA non è necessaria ai fini della validità della cessione.