Dopo la sentenza della Corte di Giustizia Europea (c.d. sentenza Lexitor) che, in rigida interpretazione dell’art. 16, par. 1, direttiva 2008/48 CE (che disciplina i contratti di credito in favore dei consumatori), ha sancito, in caso di estinzione anticipata di un finanziamento, il diritto del consumatore alla riduzione di tutti i costi a esso connessi e non solo di quelli ancora non maturati, molteplici sono state le pronunce dei giudici di merito e dell’ABF che hanno interpretato, in ambito domestico, l’art. 125-quinquies TUB (introdotto in sede di adozione della direttiva 2008/48 CE) in senso conforme alla sentenza della Corte europea.

Il contenzioso che ne è seguito (e che ha investito l’intero settore creditizio) ha soppiantato quello (pur cospicuo) attinente anatocismo, interessi usurari, indeterminatezza del tasso, applicazione illegittima di commissioni.

A rendere la questione ancora più spinosa le modalità con le quali il legislatore italiano, nel 2021, ha reagito alla sentenza Lexitor estendendone gli effetti ai contratti conclusi dopo l’entrata in vigore della legge di conversione del D.lgs. Sostegni bis (con il quale si era, appunto, modificata l’originaria previsione dell’art. 125-quinquies TUB), e non per quelli stipulati precedentemente.

Il quadro di disordine interpretativo che ne è seguito è stato risolto dalla Corte Costituzionale che ha ricondotto a uniformità interpretativa i principi sanciti dalla direttiva 2008/48 CE, dichiarando l’illegittimità costituzionale della legge di conversione del D.lgs. Sostegni bis nella parte in cui prevedeva, in caso di rimborso anticipato del finanziamento, il diritto alla riduzione di tutti i costi solo per i finanziamenti stipulati dopo l’entrata in vigore della legge (e non per finanziamenti stipulati precedentemente).

La materia è tecnica e spinosa. Il compito che mi sono proposto in questa sede, senza pretesa di esaustività, è quello di rendere fruibili, anche ai non addetti ai lavori, i passaggi fondamentali della questione, mettendone in risalto principi e contraddizioni.

estinzione anticipata contratti

1. La sentenza Lexitor in breve e l’evoluzione giurisprudenziale in Italia

Con la sentenza 11 settembre 2019, causa C-383/18, altrimenti detta sentenza Lexitor la Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha fornito la propria interpretazione dell’art. 16, paragrafo 1, della Direttiva 2008/48/CE, meglio conosciuta come Consumer Credit Directive. Tale direttiva, emessa nel 2008 allo scopo di allineare il regime di credito al consumo nell’UE, è attualmente oggetto della Proposta della Commissione Europea di riesame della Consumer Credit Directive – “Proposta CCD II”.

La sentenza de qua ha affermato il principio per cui il consumatore che abbia effettuato un rimborso anticipato del proprio credito ha diritto alla riduzione del costo totale del finanziamento, riferito a tutti i costi, indipendentemente dalla natura degli stessi, se collegati alla durata del contratto (c.d. costi “recurring”), o slegati da tale durata (c.d. costi “upfront”).

Il fine che si è inteso perseguire è quello di evitare comportamenti abusivi da parte degli enti creditizi tesi a ridurre fittiziamente le voci di costo dipendenti dalla durata del contratto (indicati esplicitamente come ripetibili dall’art. 16, paragrafo 1, Direttiva 2008/48/CE) a vantaggio di un incremento di quelli upfront.

In Italia la sentenza Lexitor ha suscitato un certo “imbarazzo” data la consuetudine, confermata anche dall’Autorità di Vigilanza, di riconoscere la ripetibilità ai soli costi recurring, per la quota non goduta dal consumatore, e non a quelli esauriti alla data del rimborso.

La sentenza Lexitor è stata ispiratrice di una serie di pronunce di merito tese a una interpretazione dell’art. 125-sexies TUB conforme ai principi espressi dalla Corte di giustizia. Il principio che ne è seguito è che, in caso di rimborso anticipato del finanziamento, tutti i costi a esso connessi devono essere proporzionalmente ridotti, senza operare alcun distinguo tra costi recurring e costi up front.

È in questo contesto che è intervenuto il legislatore italiano (2021); ma purtroppo l’intervento è stato scomposto, disorganico. Se il primo comma dell’art. 125-sexies TUB è stato modificato prevedendosi, in caso di rimborso anticipato, il diritto del consumatore alla riduzione di tutti i costi compresi nel costo totale del credito (escluse le sole imposte), parallelamente è stato anche previsto che la novella del primo comma avrebbe dovuto trovare applicazione solo per i contratti di credito al consumo stipulati dopo l’entrata in vigore della legge di modifica dell’art. 125-sexies TUB. E non per quelli stipulati precedentemente.

La sentenza della Corte Costituzionale del dicembre 2022 (sentenza n. 263/2022) ha riportato ordine. E ha stabilito il principio per cui il consumatore che rimborsa anticipatamente, in tutto o in parte, il finanziamento ha sempre diritto alla proporzionale riduzione di tutti i costi sostenuti in relazione a esso. Intendendosi per essi gli interessi, le spese con la sola eccezione di quelle notarili, i costi relativi ai servizi accessori connessi al contratto di credito in quanto essenziali alla sua stipula.

2. L’inapplicabilità della sentenza Lexitor al credito immobiliare ai consumatori

Possono i principi della sentenza della Corte di Giustizia Europea (Lexitor), resi in materia di estinzione anticipata di un credito al consumo, essere estesi all’ipotesi di estinzione anticipata di un finanziamento immobiliare in favore dello stesso consumatore?

La risposta è negativa nei termini di seguito indicati:

  • la sentenza della Corte di Giustizia Europea si riferisce solo alla Direttiva 2008/48/CE, ragione per cui i principi espressi dalla Corte non possono essere automaticamente estesi a fattispecie normative diverse e, segnatamente, al credito immobiliare ai consumatori di cui alla Direttiva 2014/17/UE;
  • le due discipline previste per l’ipotesi di estinzione anticipata di finanziamento a consumatore contenute all’art. 25, par. 1, della Direttiva 2014/17/UE, per quel che riguarda il credito immobiliare, e all’art. 16, par. 1, della Direttiva 2008/48/CE, relativamente agli altri finanziamento in favore del consumatore, sono diverse.

Il legislatore italiano pare aver messo un punto fermo sul tema prevedendo, con l’introduzione dell’art. 120-quaterdecies TUB, che in caso di rimborso anticipato di un finanziamento immobiliare il consumatore ha diritto alla sola riduzione dei costi ancora dovuti per la vita residua del contratto e non quelli fissi, quali, ad esempio, le spese di istruttoria, le spese di perizia, quelle per l’iscrizione dell’ipoteca.

3. La sentenza della Corte di Giustizia Europea del 9 febbraio 2023 (il caso Unicredit Austria)

Negli stessi termini si è espressa la Corte di Giustizia europea con Sentenza del 9 febbraio 2023 su sollecitazione di una associazione di consumatori austriaca in merito alla portata precettiva dell’art. 25, paragrafo 1, direttiva 2014/17 UE rispetto alla normativa nazionale prevedente, in caso di rimborso del credito, il diritto del consumatore alla riduzione proporzionale degli interessi e dei soli costi dipendenti dalla durata del credito. Non delle spese di gestione non dipendenti dalla durata del credito.

4. Il merito della sentenza della Corte di Giustizia Europea del 9 febbraio 2023

Pur riconoscendo la sostanziale analogia tra l’art. 25, par. 1 della Direttiva 2014/17 UE e l’art. 16, par. 1 della Direttiva 2008/48 CE, la Corte ha messo in evidenza la specificità della normativa in materia di credito immobiliare ai consumatori, rispetto a quella del credito al consumo. In particolare, sottolineando come l’obbligo di esplicitazione delle voci di costo – previsto nella normativa comunitaria del credito immobiliare – posto a carico dell’ente creditizio prima della stipula del contratto (che è tenuto alla consegna di un prospetto, il PIES, contenente una esplicitazione dei costi del finanziamento) mette il consumatore al riparo dal rischio di quei comportamenti abusivi che sono stati evocati dalla Corte nella sentenza Lexitor relativamente al credito al consumo e che hanno condotto i Giudici Lussemburghesi a interpretare la Direttiva comunitaria nella direzione del diritto del consumatore alla riduzione di tutti i costi del finanziamento.

5. Le criticità della sentenza della Corte di Giustizia Europea del 9 febbraio 2023

Trattandosi di due sentenze che hanno ad oggetto l’interpretazione di due differenti Direttive comunitarie si è tentati di sostenere che la pronuncia della Corte non costituisca una smentita di quella precedentemente assunta riguardo al caso Lexitor.

Il che renderebbe facile concludere che il nuovo principio espresso dalla Corte nel 2023 non si estenda ai contratti inerenti il credito al consumo.

Due norme sostanzialmente identiche devono essere interpretate in maniera diversa poiché diverso è il “contesto” in cui le stesse si applicano.

Tuttavia, non pare che il contesto della Direttiva 2014/17 UE (creduto immobiliare al consumatore) sia diverso da quello della Direttiva 2008/48 CE (credito al consumo).

Se l’obiettivo di entrambe le Direttive comunitarie è – come esplicitato dalla Corte – quello della trasparenza precontrattuale con il fine di consentire ai consumatori di compiere una scelta consapevole, attraverso una presentazione chiara e dettagliata delle condizioni economiche e dei costi applicabili ai contratti di credito, tale risultato è soddisfatto sia nel caso di credito immobiliare ai consumatori (con la consegna del modulo PIES), sia in quella del credito al consumo, trovando il PIES il suo equivalente nel modulo SECCI.

PIES e SECCI svolgono entrambi la medesima funzione nei propri rispettivi ambiti di riferimento: i due prospetti forniscono al consumatore un quadro completo dei costi applicati al contratto di credito, con specifico riferimento alla misura e tipologia del tasso di interesse applicato, al TAEG e alla sua composizione, ai costi una tantum e a quelli ricorrenti, agli eventuali altri costi, quali le spese notarili, le spese ipotecarie e le imposte.

Quindi il modulo SECCI, come il modulo PIES, consente al consumatore di comprendere quali costi siano legati alla durata del contratto e quali no.

Vedremo, quindi, quale sarà l’evoluzione giurisprudenziale sulla materia e se questa porterà a una uniformazione della disciplina della riduzione dei costi del credito al consumo e di quello immobiliare.