Adesso c’è la possibilità di farsi valere in tribunale, con ottime possibilità di ottenere un rimborso. Quando un giovane, di solito al penultimo anno del liceo o della scuola media superiore, va all’estero per un periodo di studio previsto dalle norme europee (cosiddetto programma “Comenius”, analogo a quello dell’Erasmus accademico) e il suo soggiorno è al di sotto o inadeguato rispetto a quanto prospettato nel contratto scritto con l’intermediario, una causa civile potrà condannare quest’ultimo a rimborsare in tutto o in parte il costo del soggiorno.

L’importante principio è stato stabilito da una recente sentenza, la n. 9595 del 2018 pubblicata l’11 maggio scorso dal Tribunale di Roma e stilata dal giudice Erminio Colazingari. Repubblica aveva già segnalato in passato i problemi che possono nascere

La causa è stata intentata, per conto dei genitori di una ragazza, dallo Studio legale de Tilla contro la New Lands di Roma, uno dei tanti intermediari che offrono servizi di trasporto, soggiorno e contatto, con le scuole di altri paesi dove il giovane frequenterà l’anno o la parte di anno prevista dalle normative.

L’argomento è molto delicato perché a viaggiare sono spesso dei minori. Una circolare del ministero dell’Istruzione incoraggia le scuole italiane a favorire questa importante esperienza all’estero. Le scuole, soprattutto molti licei, fanno però resistenza perché ritengono che il prosieguo del normale corso di studi sia più importante che acquisire un’esperienza di lingua e di studio all’estero. Ma se genitori e giovani insistono, la scuole non possono opporsi (salvo poi rivalersi in sede di attribuzione dei voti, che talvolta abbassano per “punire” chi ha osato rinunciare a una parte di frequenza al penultimo anno di liceo).

In questi anni, i ragazzi e i loro genitori hanno dato sempre più importanza a questo periodo di studi all’estero, sia per migliorare le competenze linguistiche sia per “aprire la mente” a nuove culture. Anche, ma non soltanto, in previsione di possibili future iscrizioni a università estere o a Master.

Il punto però è che, di fronte a questo vero e proprio assalto ai periodi di studi all’estero, il ministero della Pubblica istruzione non effettua alcuno screening delle organizzazioni che si sono gettate su questo promettente business. Laddove le scuole si sono attivate per aiutare i ragazzi che vogliano fare questa esperienza, sono esse stesse a prendere accordi con queste organizzazioni, esercitando un minimo di controllo sul loro operato. Ma laddove gli Istituti – e sono la maggioranza – non si sono attivati, genitori e studenti vengono lasciati da soli a decidere a quale organizzazione affidarsi.

La più importante e la più nota organizzazione esiste da molti decenni e si chiama Intercultura. Ma i posti di Intercultura, di fronte a una domanda crescente, sono insufficienti ad accontentare tutti. Così ci si deve giocoforza rivolgere a intermediari dai nomi più vari ma di cui è impossibile stabilire a priori la validità. Alcuni sono molto validi ma altri si rivelano, alla prova dei fatti, al di sotto di qualsiasi standard.

Qualcuno ha suggerito al ministero di predisporre almeno una lista di organizzazioni accreditate – un po’ come fa, in Gran Bretagna, il British Council con le scuole dove si insegna inglese agli stranieri – ma finora non è stato fatto nulla. Il British Council dà una sorta di imprimatur alle scuole di lingua valide, e quelle che non hanno questo bollino perdono ovviamente occasioni di business. Ma il bollino dell’autorità inglese non riguarda le scuole secondarie, dove avviene l’esperienza con il programma Comenius.

Succede così, più spesso di quanto non si creda, che le esperienze di studio si trasformino in veri e propri incubi, per via soprattutto di famiglie ospitanti o strutture inadeguate a fornire la necessaria assistenza a giovani che molto spesso sono ancora minorenni. Da notare che quasi sempre queste famiglie, ad esempio in Inghilterra, ottengono vantaggi fiscali se ospitano gli studenti: per qualcuno può essere un modo di arrotondare i guadagni, magari risparmiando poi sui servizi o sul cibo fornito agli ospiti.

È proprio quel che è accaduto nel caso citato all’inizio. Lo Studio de Tilla si è trovato a far causa senza sentenze che potessero costituire un precedente. Si è dunque appellato, per analogia, ai contratti turistici, che sono invece disciplinati da leggi e convenzioni nazionali e internazionali.

In particolare, nella sentenza, che ha condannato New Lands a pagare di fatto quasi tutto il costo pagato dai genitori per il soggiorno (5.000 euro su 6.500), più interessi e spese legali, si cita l’articolo 5 della Direttiva 90/314/Cee concernente i viaggi, le vacanze e i circuiti all inclusive. Il giudice ha interpretato tale norma “nel senso che il consumatore ha diritto al risarcimento del danno morale derivante dall’inadempimento o dalla cattiva esecuzione delle prestazioni fornite in esecuzione di un contratto turistico rientrante nel campo di applicazione delle Direttiva”.

Il Tribunale si è ben reso conto che, in questo caso, non c’era soltanto il soggiorno: “Se è vero che nella fattispecie la finalità turistica non era l’unica del pacchetto acquistato, essendo certamente rilevante la finalità di studio, ciò non toglie che rivestisse importanza anche la finalità turistica”. Dunque il giudice si è appellato alle norme che riguardano i contratti turistici, applicandoli per analogia al periodo di studio Comenius.

La sentenza suona come un monito per tutte quelle organizzazioni che non sono in grado o non sanno come fornire un servizio adeguato al contratto scritto. Molto spesso, in presenza di disagi frequenti e più o meno gravi, queste organizzazioni si appellano al “senso di adattamento”, che nei giovani è molto sviluppato.

Ora, però, chi incappa in situazioni del genere, sa che una via d’uscita legale adesso c’è. Ed è probabile anche che, di fronte alla novità di questa sentenza, le compagnie di assicurazione che forniscono coperture in tutti questi casi, comincino a chiedere alle organizzazioni di vacanze-studio tariffe più elevate, arrivando anche a rifiutare la polizza in caso di sinistri plurimi.