L’art. 63, comma 1, del d.l. n. 104/2020 ha introdotto, all’art. 119 del d.l. n. 34/2020 (convertito con modificazioni dalla l. n. 77/2020), il comma 9-bis, secondo cui “Le deliberazioni dell’assemblea del condominio aventi per oggetto l’approvazione degli interventi di cui al presente articolo e degli eventuali finanziamenti finalizzati agli stessi, nonché l’adesione all’opzione per la cessione o per lo sconto di cui all’articolo 121 (d.l. n. 34/2020), sono valide se approvate con un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti e almeno un terzo del valore dell’edificio condominiale” (v. art. 119, comma 9-bis DL 34/2020).

Il legislatore ha quindi stabilito un quorum deliberativo di favore per le opere aventi a oggetto:

  • interventi di isolamento termico delle superfici verticali, orizzontali e inclinate degli stabili condominiali,
  • la sostituzione degli impianti di climatizzazione,
  • l’installazione di impianti solari fotovoltaici connessi alla rete elettrica (e i relativi sistemi di accumulo),
  • l’installazione di colonnine per la ricarica di veicoli elettrici.

Tali lavori possono essere deliberati, adesso, con il voto favorevole della maggioranza “semplice” degli intervenuti che rappresenti almeno “un terzo” del valore dell’edificio. Si tratta, a conferma del favor legislativo per l’esecuzione di interventi di riqualificazione energetica, di una maggioranza attenuata rispetto a quella che, ai sensi dell’art. 1136 c.c., è più genericamente chiamata a deliberare in ordine a innovazioni e opere di manutenzione straordinaria degli edifici condominiali.

Superbonus 110, limiti al potere dell’assemblea

I primi interventi giurisprudenziali sul tema hanno aperto il dibattito sui limiti del potere assembleare. In particolare, quando le opere deliberate si traducono nella posa di un cappotto termico insistente sulla pavimentazione dei balconi di proprietà dei singoli ovvero in interventi che modificano in maniera radicale l’aspetto esteriore della facciata.

A) Balconi aggettanti

I balconi aggettanti (i.e., quelli che sporgono dal palazzo e si prolungano verso l’esterno dell’appartamento cui afferiscono) non sono un bene condominiale.  Questi appartengono al proprietario della singola unità abitativa cui accedono (cfr., Cass. 12 marzo 2020, n. 7042; Cass. 2 febbraio 2016, n. 1990).

I balconi aggettanti sono un prolungamento dell’appartamento dal quale protendono e, non svolgendo alcuna funzione di sostegno, né di necessaria copertura dell’edificio – come viceversa accade per le terrazze a livello incassate nel corpo dell’edificio – non possono considerarsi a servizio dei piani sovrapposti e, quindi, di proprietà comune dei condomini (cfr., Cass. 27 luglio 2012, n. 13509).

L’assemblea condominiale non può validamente assumere decisioni che riguardino i singoli condomini nell’ambito dei beni di proprietà esclusiva.

Infatti, l’assemblea condominiale può validamente disporre, con statuizione vincolante anche per i condomini astenuti e dissenzienti, solamente in relazione a beni di proprietà comune (cfr., T. Napoli, 10 luglio 2020, n. 4930).

Per cui, devono ritenersi vietate non soltanto le innovazioni che, ancorché adottate con le maggioranze qualificate di cui all’art. 1136 c.c., compromettano il pari uso e il concorrente diritto degli altri partecipanti all’utilizzo della cosa comune, ma anche quelle che pregiudicano la proprietà esclusiva dei singoli condomini (cfr., Cass. 24 luglio 2012, n. 12930).

Le delibere che incidono sulla proprietà individuale sono nulle (cfr. Cass., Sez. un., 7 marzo 2005, n. 4806; nel merito, di recente cfr. C.d.A. Roma, 5 luglio 2021, n. 4919, T. Napoli, 6 maggio 2021, n. 4305; C.d.A. Salerno, 27 luglio 2020, n. 942).

La conseguenza è che il motivo di invalidità è insanabile: la nullità della delibera assembleare può essere fatta valere in ogni tempo e da chiunque dimostri di averne interesse. Essa non è perciò soggetta ai termini di decadenza di cui all’art. 1137, ultimo comma, c.c. (cfr. Cass. 30 aprile 2013, n. 10196; Cass. 24 luglio 2012, n. 12930).

La nullità può essere rilevata, anche, d’ufficio (i.e., dal Giudice) non solo nel primo grado del giudizio ma pure nella fase successiva di appello del giudizio e in quello della cassazione (cfr., Cass. 12 gennaio 2016, n. 305; Cass. 17 giugno 2015, n. 12582; Cass., Sez. Un., 12 dicembre 2014, n. 26242).

Può il cappotto termico essere installato su piano di calpestio dei balconi?

In un caso remoto la Corte di Cassazione ha confermato la nullità della delibera condominiale con cui era stata approvata la messa in opera di una lamiera grecata preverniciata sulle parti esterne di una proprietà esclusiva (i.e., superattico) e nel contempo coibentato le pareti esterne con conseguente occupazione di una piccola porzione della terrazza di proprietà esclusiva.

Per la Corte, irrilevanti erano le finalità che la delibera si proponeva (isolamento termico) in quanto, anche se presa nell’interesse comune o per adempiere a un obbligo di legge, non avrebbe potuto, comunque, violare i diritti di proprietà esclusiva di un condomino (cfr. Cass., 24 maggio 2004, n. 9981).

In altri casi la stessa Cassazione, nel confermare il principio per cui l’assemblea condominiale non può prendere decisioni che riguardino i beni di proprietà individuale, ne ha introdotto una limitazione nel fatto che le decisioni assunte “si riflettano sull’adeguato uso della cosa comune” (cfr. Cass. 12 marzo 2020, n. 7042; Cass., 15 marzo 2017, n. 6652; Cass. 30 agosto 1994, n. 7603).

In una recente Ordinanza il Tribunale di Milano, chiamato a decidere in merito alla sospensiva di una delibera con la quale erano stati autorizzati lavori di posa in opera di cappotto termico in facciata con insistenza sulla pavimentazione di taluni terrazzi di proprietà esclusiva, non ha rilevato l’esistenza di elementi sufficienti per ritenere che un minimo restringimento della pavimentazione dei terrazzi non fosse tollerabile dai proprietari.

Quanto sopra in ragione del fatto che la delibera era funzionale a un più adeguato uso delle cose comuni (facciata e, in generale, status energetico dell’edificio) e risultava finalizzata al soddisfacimento di interessi, sia della collettività condominiale sia pubblicistici, altamente meritevoli di tutela (cfr. T. Milano, Ord., 13 agosto 2021).

Secondo il Tribunale di Milano può accadere che interventi edili sulle facciate possano riverberare i loro effetti anche sulle parti di proprietà esclusiva. Non può ritenersi, però, che qualunque effetto di siffatta natura assuma i connotati di lesione della proprietà esclusiva con conseguente invalidità della relativa delibera assembleare.

A maggior ragione se, come nel caso esaminato dal Tribunale di Milano, al perseguimento di un interesse generale (dell’intera collettività dei condomini e, più in generale, della stessa collettività) non soggiaccia alcun rilevante sacrificio del singolo.

In sostanza, la perdita di superficie calpestabile del balcone in minima parte (nella specie di pochi centimetri), a fronte della posa in opera di un cappotto termico in facciata teso a conferire all’edificio condominiale un maggiore status energetico, può apparire come un sacrificio modesto e tollerabile, e tale da non rappresentare una significativa lesione del diritto di proprietà dominicale.

Il che, a mio avviso, ben si spiega se si considera il particolare regime di favore con cui il legislatore ha previsto possano essere adottate le decisioni tese a realizzare (nella specie, sulle superfici opache degli stabili condominiali) interventi di isolamento termico degli edifici.

Viceversa, quand’anche uno solo dei condomini potesse bloccare la delibera regolarmente assunta, perché incidente solamente in minima parte e in misura non significativa sulla proprietà esclusiva, a esserne frustrata sarebbe la ratio stessa sottesa al DL 34/2020.

Va però detto che a soluzione opposta è pervenuto il Tribunale di Roma il 16 dicembre 2020, n. 17997. Anche in questo caso, la questione trattata atteneva a lavori di posa in opera di un cappotto termico insistente sul piano di calpestio di alcuni balconi di proprietà esclusiva.

Tuttavia, la particolarità del caso esaminato dal Tribunale capitolino (e un motivo di distinguo rispetto a quello posto all’esame del Tribunale di Milano) sta nel fatto che solamente in sede di approvazione del “preventivo di spesa” i condomini erano stati resi edotti del fatto che i lavori, deliberati da una precedente assemblea, sarebbero consistiti anche nella realizzazione di un cappotto termico; e che in quella assemblea non era stata data alcuna indicazione specifica riguardo alle modifiche che sarebbero derivate sui balconi di proprietà dei singoli condomini. Quanto sopra perché ogni valutazione tecnica al riguardo (tra cui la convalida dello spessore del cappotto termico da realizzare) era stata demandata a una commissione tecnica (diversa dall’assemblea).

B) Il cappotto termico può sempre essere installato sulla facciata condominiale?

La facciata condominiale è bene comune. Infatti, i muri perimetrali dell’edificio condominiale, pur non avendo funzione di muri portanti, vanno intesi come muri maestri al fine della presunzione di comunione di cui all’art. 1117 cod. civ. in quanto determinano la consistenza volumetrica dell’edificio unitariamente considerato, proteggendolo dagli agenti atmosferici e termici, delimitano la superficie coperta e delineano la sagoma architettonica dell’edificio stesso. La facciata di un edificio, al pari dei muri perimetrali maestri, per la sua destinazione funzionale, costituisce una delle strutture essenziali ai fini dell’esistenza stessa dello stabile unitariamente considerato (e della sua statica), sicché ricade necessariamente fra le parti oggetto di comunione fra i proprietari delle diverse porzioni del fabbricato e resta destinata indifferenziatamente al servizio dello stesso.

L’assemblea (ancorché nel rispetto delle maggioranze di cui all’art. 1136 c.c.) non può validamente deliberare in ordine a innovazioni che alterino, di fatto, il decoro architettonico dell’edificio condominiale. Per tale, dovendosi intendere l’estetica dell’edificio data dall’insieme delle linee e delle strutture ornamentali che costituiscono la nota dominante di essi e imprimono alle sue varie parti, nonché a esso nel suo insieme, una sua determinata, armonica fisionomia senza che occorra che si tratti di edifici di particolare pregio artistico (cfr., di recente, T. Pavia, 29 maggio 2021, n. 776).

In generale, costituisce innovazione lesiva del decoro architettonico del fabbricato condominiale non solo quella che ne alteri le linee architettoniche, ma anche quella che comunque si rifletta negativamente sull’aspetto armonico di esso, a prescindere dal pregio estetico che possa avere l’edificio (cfr., Cass. 11 settembre 2020, n. 18928).

Qualsiasi innovazione che è tesa ad alterare il decoro architettonico dell’edificio e, quindi, anche della sua facciata è vietata. Come recentemente precisato dalla Cassazione a tale divieto sono soggette anche quelle innovazioni tese al miglioramento dell’efficienza energetica del fabbricato (Cass. 2 febbraio 2021, n. 10371).

In maniera analoga si è pronunciato il Tribunale di Milano in data 30 settembre 2021.

Il Tribunale di Milano ha, infatti, sospeso la delibera assembleare con la quale erano stati autorizzati lavori aventi a oggetto la posa in opera di un cappotto termico, la sostituzione del klinker originario, posto in facciata, con materiale diverso e l’imbiancatura di altre parti della facciata con tinte dissimili da quelle in essere.

Secondo il Tribunale di Milano il klinker costituisce una caratteristica di molti fabbricati edificati in Milano, è tipico di una precisa epoca storica ed è capace di imprimere un particolare tratto distintivo, sotto il profilo estetico, agli edifici stessi, contribuendo a conferire agli stessi una specifica idoneità e fisionomia.

La sua sostituzione con materiale diverso, per forma e lucentezza, è tale da avere un forte impatto sulla facciata condominiale, così da modificarla completamente.

Analoghe considerazioni valgono, anche, per i colori della facciata. Per cui ben può essere sospesa anche la delibera condominiale che ha autorizzato la sostituzione del colore non nella sua tonalità o nuance ma proprio nella tinta e nell’abbinamento (cfr., T. Milano, Ord. 30 settembre 2021).

Ai sensi dell’art. 1120, ult. comma, c.c. dunque anche il singolo condomino ha il diritto di esprimere il proprio dissenso e di agire per il ripristino delle caratteristiche originarie del fabbricato.