L’ordinanza n. 22722 emessa dalla Corte di Cassazione il 6 agosto 2025 affronta la questione della validità (in termini di tenuta giuridica) delle c.d. “operazioni baciate”, ossia quelle operazioni nelle quali il prestito e/o garanzia sono accordate per l’acquisto di azioni del soggetto giuridico che quel prestito e/o la garanzia emette (assistenza finanziaria).
L’occasione è stata fornita da un contenzioso riguardante un contratto di mutuo fondiario stipulato per l’acquisto (in parte) di azioni della Banca popolare VB, successivamente “transitato” a Intesa Sanpaolo (ISP) in forza dell’art. 3 del D.L. 99/2017, in seguito alla cessione a essa del ramo aziendale delle banche venete.
INDICE
- Corte di Cassazione, 6 agosto 2025, n. 22722
- Il quadro normativo e la questione della nullità per violazione dell’art. 2358 c.c.
- Il collegamento negoziale e gli indici presuntivi della nullità
- La cessione ex art. 3 D.L. 99/2017 e la legittimazione della banca cessionaria
- Conseguenze pratiche e tutela del mutuatario
1. Corte di Cassazione, 6 agosto 2025, n. 22722 ↑
Nel caso di specie, i giudici di primo e secondo grado avevano dichiarato la nullità del mutuo perché preordinato all’acquisto delle azioni della banca mutuante (così incorrendo nel divieto testuale di assistenza finanziaria di cui all’art. 2358 c.c.).
Ne è conseguita la dichiarazione di nullità dell’ipoteca costituita a garanzia della restituzione dell’importo erogato, l’obbligo di ISP (cessionario del ramo d’azienda prima di VB) alla restituzione delle somme (a suo tempo) erogate al mutuatario e la restituzione a VB delle azioni sottoscritte dal mutuatario.
La Corte d’Appello, in parziale riforma della sentenza di primo grado, ha limitato l’obbligo di restituzione ai soli importi concessi a prestito per l’acquisto delle azioni proprie dell’istituto erogante.
2. Il quadro normativo e la questione della nullità per violazione dell’art. 2358 c.c. ↑
L’art. 2358 c.c. introduce un divieto generale di operazioni di finanziamento in qualsiasi forma (prestiti, aperture di credito, anticipazioni, etc.) e concessione di garanzie preordinate (i.e., finalizzate) all’acquisto di azioni (proprie) del soggetto che ha fornito il finanziamento o la garanzia.
La norma risponde a una esigenza di tutela dell’integrità del capitale sociale (i.e., di conservazione del patrimonio sociale), evitando situazioni che possano, anche solo astrattamente, causarne una sua erosione. Ciò a svantaggio dei soci e dei creditori della società che, nel contrarre con la società, su quel capitale fanno affidamento. Infatti, a seguito dell’assistenza finanziaria, il capitale sociale risulterebbe, di fatto, coperto dai titoli delle società stessa.
Posta la ratio che è sottesa all’istituto e la tutela che il legislatore ha inteso affermare, la Cassazione ha ribadito che non vi è motivo di dubitare del fatto che il divieto di assistenza finanziaria, per l’acquisto e la sottoscrizione di azioni proprie, previsto dall’art. 2358 c.c. (testualmente previsto per le società per azioni) sia operante, anche, nei confronti delle società cooperative per azioni, nonché delle banche popolari ove ne rivestano tale forma. Ancorché la norma sia inserita nel capo (Capo V) del Codice civile riferito alle (sole) società per azioni.
Lo scopo mutualistico proprio delle società cooperative non esclude che possano ritenersi vietate operazioni tali da mettere a rischio l’equilibrio del capitale sociale.
Si tratta di divieto che, nel corso degli anni, si è progressivamente attenuato. Non è più assoluto. A seguito di un susseguirsi di riforme, il testo cogente della norma consente di accordare prestiti e/o fornire garanzie per l’acquisto delle azioni “proprie” alle seguenti condizioni:
- previa delibera assembleare straordinaria della società, sulla base di una relazione illustrativa delle ragioni giuridiche ed economiche dell’operazione, delle relative condizioni (con dimostrazione che sono in linea con quelle di mercato) e dei rischi annessi (dovendosi mettere in luce, segnatamente, il fatto che il merito di credito di controparte è stato debitamente calcolato), facendo emergere come l’operazione sia sorretta da obiettivi imprenditoriali concreti e, dunque, persegua un interesse reale e meritevole della società finanziatrice; e, in ogni caso
- nel rispetto di limiti quantitativi dettati dal legislatore (l’importo complessivo delle somme impiegate e delle garanzie fornite non deve superare gli utili distribuibili e le riserve disponibili risultanti dall’ultimo bilancio approvato).
Il carattere imperativo dell’art. 2358 c.c. secondo la giurisprudenza più recente
La giurisprudenza più recente (Cass. n. 5264/2024) conferma il carattere imperativo dell’art. 2358 c.c.
La sua violazione determina la nullità ex art. 1418 c.c. dell’intera architrave negoziale: a esserne travolti sono sia il contratto di finanziamento, sia quello costitutivo delle garanzie a servizio della sua restituzione, sia l’atto di acquisto delle azioni.
3. Il collegamento negoziale e gli indici presuntivi della nullità ↑
Sempre che sia dimostrato il collegamento funzionale tra gli atti (finanziamento/concessione delle garanzie e atto di acquisto di azioni). Che è, dunque, decisivo.
Anche se formalmente distinti i due atti (i.e., finanziamento/rilascio delle garanzie e compravendita dei titoli) costituiscono un’unica operazione economica integrata, finalizzata a fornire al cliente la provvista necessaria per acquistare strumenti di capitale della società stessa (nel caso esaminato dalla Cassazione si tratta di un istituto di credito).
Detto collegamento negoziale può essere desunto anche in via presuntiva, sulla base di indici gravi, precisi e concordanti, tra cui rilevano:
- la contiguità temporale tra la stipula del mutuo e l’acquisto delle azioni;
- la corrispondenza tra l’importo finanziato e il valore dei titoli acquistati;
- l’assenza di altre ragioni economiche che giustifichino l’operazione di finanziamento.
4. La cessione ex art. 3 D.L. 99/2017 e la legittimazione della banca cessionaria ↑
Uno dei profili più delicati che la Corte di Cassazione ha affrontato nell’Ordinanza in commento riguarda la sorte dei crediti e delle passività derivanti dalle operazioni “baciate” concluse dalle banche venete (Banca popolare di Verona e Veneto Banca), a seguito della cessione del ramo aziendale operata, ex art. 3 del D.L. 99/2017, in favore di Intesa Sanpaolo s.p.a. (ISP).
ISP aveva affermato la sua irresponsabilità, sostenendo l’inopponibilità al cessionario (ISP) della nullità del contratto di mutuo nella parte in cui questo aveva costituito la provvista per l’acquisto delle azioni bancarie.
La replica (in termini di rigetto dell’impianto argomentativo di ISP) si deduce direttamente dalla norma richiamata. L’articolo 3, lett. b), D.L. 99/2017 stabilisce che non rientrano nel (restano escluse dal) perimetro di cessione “i debiti delle Banche nei confronti dei propri azionisti e obbligazionisti subordinati derivanti dalle operazioni di commercializzazione di azioni o obbligazioni subordinate delle Banche o dalle violazioni della normativa sulla prestazione dei servizi di investimento riferite alle medesime azioni o obbligazioni subordinate, ivi compresi i debiti in detti ambiti verso i soggetti destinatari di offerte di transazione presentate dalle banche stesse”.
Nulla, in sostanza, la norma dispone con riguardo ai crediti che derivano da tali operazioni. Come nel caso dei contratti di mutuo stipulati (eventualmente anche in parte) per acquistare azioni proprie della banca stessa.
Tali contratti generano per la banca mutuante crediti che rientrano nel perimetro di cessione. Con la conseguenza che il soggetto che, in forza dell’articolo 3 del D.L. 99/2017, è intervenuto nell’acquisto del ramo aziendale (ISP) è:
- il soggetto legittimato attivo al recupero del credito nei confronti del debitore ceduto (cliente moroso); e nel contempo
- il soggetto legittimato passivo nelle azioni di accertamento negativo per nullità del mutuo nella parte in cui lo stesso è stato strutturato a servizio dell’acquisto delle azioni bancarie in spregio del divieto di assistenza finanziaria dettato dall’art. 2358 c.c.
5. Conseguenze pratiche e tutela del mutuatario ↑
Sul piano operativo, l’ordinanza n. 22722/2025 produce rilevanti effetti sui soggetti coinvolti. Al cessionario (nel caso di specie, ISP) la decisione impone di considerare la legittimazione passiva rispetto alle azioni dei mutuatari che lamentino la nullità del mutuo fondiario per violazione del divieto di assistenza finanziaria. Pertanto, la banca potrà essere chiamata a rispondere della sterilizzazione degli effetti del mutuo, pur non essendo responsabile dell’operazione originaria (ideata e congegnata dalla banca cedente).
Per il mutuatario, la pronuncia consolida la possibilità di agire direttamente contro la banca subentrante nel rapporto (cessionaria), sia per ottenere la dichiarazione di nullità (parziale) del mutuo, sia per far valere il conseguente credito restitutorio in relazione alle somme versate erogate per l’acquisto delle azioni della banca mutuante.
Infine, per gli operatori e gli istituti di credito, l’Ordinanza ribadisce un principio fondamentale di correttezza strutturale delle operazioni finanziarie: ogni collegamento tra mutuo fondiario e acquisto di strumenti di capitale della banca mutuante deve essere scrutinato con estrema attenzione, poiché un tale intreccio può comportare nullità radicale e responsabilità patrimoniale.
