Il Tribunale di Milano ha recentemente ribadito un principio di grande rilievo per la prassi forense e per gli operatori economici. Nelle controversie relative a contratti di factoring non è obbligatorio il previo tentativo di mediazione.
Il giudice, richiamando la Cassazione n. 31209/2022, ha evidenziato che l’articolo 5, comma 1-bis, del d.lgs. 28/2010, laddove prevede l’esperimento della mediazione come condizione di procedibilità per i contratti “bancari e finanziari”, si riferisce unicamente alle tipologie disciplinate dal Codice civile, dal Testo unico bancario (d.lgs. 385/1993) e dal Testo unico della finanza (d.lgs. 58/1998). Questo orientamento non è estendibile a contratti di diversa natura, come il factoring, che pur perseguendo finalità di finanziamento, non rientra nel novero dei contratti bancari o finanziari in senso tecnico.
La decisione si pone nel solco di precedenti analoghi già affermati in materia di leasing immobiliare, ove si era esclusa la mediazione obbligatoria in assenza di un espresso richiamo legislativo. Ne consegue che, anche nel factoring, la mediazione non costituisce una condizione di procedibilità dell’azione giudiziale.
INDICE
- Quali sono le controversie soggette a mediazione obbligatoria?
- La mediazione è obbligatoria per i contratti di leasing?
- La portata pratica della pronuncia per imprese e operatori del credito
- Giudizio implicito, giudicato interno ed esterno: chiarimenti terminologici
1. Quali sono le controversie soggette a mediazione obbligatoria? ↑
L’articolo 5, comma 1-bis, del d.lgs. 28/2010 individua le materie per le quali la mediazione è obbligatoria come condizione di procedibilità della domanda giudiziale, tra cui i contratti bancari e finanziari. Tuttavia la giurisprudenza, e in particolare la Cassazione n. 31209/2022, ha precisato che la norma deve essere interpretata in senso restrittivo. Ciò significa che l’obbligo riguarda esclusivamente le fattispecie disciplinate dalle norme che regolano l’attività bancaria e finanziaria tipica e non può essere esteso per analogia a contratti che, pur avendo natura economico-finanziaria, non sono regolati dalle stesse fonti.
Il factoring è un contratto tipico o atipico?
Il factoring è un contratto di finanziamento atipico, non riconducibile né alla contrattualistica bancaria codificata, né a quella finanziaria disciplinata dal TUF. In virtù di questa distinzione, le cause di factoring non richiedono il previo esperimento della mediazione obbligatoria, come confermato dal Tribunale di Milano nell’ordinanza del 17 ottobre 2025
Questo principio trova giustificazione nella volontà del legislatore di limitare l’ambito della mediazione obbligatoria alle sole ipotesi esplicitamente previste, evitando applicazioni eccessivamente estensive e non coerenti con la ratio della norma.
2. La mediazione è obbligatoria per i contratti di leasing? ↑
L’orientamento espresso in tema di factoring e mediazione obbligatoria si colloca in continuità con altre pronunce relative a contratti di natura affine.
In particolare, il Tribunale di Milano aveva già escluso l’obbligo di mediazione per il leasing immobiliare (T. Milano, 2 marzo 2020, n. 1953; T. Milano, 5 novembre 2018, n. 11086). Si era rilevato che, anche se il contratto persegue finalità di finanziamento, queste ultime sono funzionali all’acquisto o all’utilizzo di un bene specifico. Dunque esse non lo rendono assimilabile a un contratto bancario o finanziario in senso proprio. La stessa impostazione è stata confermata dalla Cassazione n. 1791 del 24 gennaio 2025, la quale ha ribadito che la mediazione obbligatoria non può essere estesa a fattispecie contrattuali diverse da quelle previste dal legislatore.
Parallelismi con fideiussioni e mutui tra privati
Analogamente, è stata esclusa la mediazione obbligatoria per l’azione di regresso del fideiussore (Cass. ord. n. 31209/2022) e per il mutuo tra privati (C.d.A. Milano, 3 gennaio 2020, n. 6), poiché solo i contratti stipulati da un istituto bancario possono essere qualificati come “bancari” ai fini dell’art. 5 del d.lgs. 28/2010.
Ne deriva un principio di sistema, ovvero che non ogni contratto che realizza un finanziamento è soggetto all’obbligo di mediazione.
3. La portata pratica della pronuncia per imprese e operatori del credito ↑
L’ordinanza presa in esame, oltre a risolvere una questione di diritto sostanziale, assume rilevanza pratica per imprese, professionisti e società di factoring. L’esclusione della mediazione obbligatoria consente infatti di ridurre tempi e costi processuali, evitando la sospensione o l’improcedibilità dell’azione in caso di mancato esperimento del procedimento di conciliazione. Per le società di factoring, ciò significa poter agire più rapidamente per il recupero dei crediti o per la risoluzione delle controversie contrattuali. Non sono infatti vincolate all’attivazione di un iter extragiudiziale non imposto dalla legge. Per gli studi legali, la pronuncia rappresenta un precedente di riferimento utile a orientare la strategia difensiva e processuale. Essa conferma che l’art. 5 del d.lgs. 28/2010 va interpretato in modo rigoroso e non analogico, in coerenza con il principio di legalità processuale e con l’esigenza di certezza del diritto.
Nel complesso, la decisione consolida un quadro giurisprudenziale uniforme, che distingue con chiarezza tra contratti bancari in senso tecnico e altre operazioni di finanziamento, come il leasing o il factoring.
4. Giudizio implicito, giudicato interno ed esterno: chiarimenti terminologici ↑
Nel contesto processuale, la decisione del Tribunale di Milano offre anche lo spunto per approfondire alcuni concetti tecnici di diritto processuale civile. Il giudizio implicito si verifica quando una questione viene risolta in via logica, pur non essendo esplicitamente enunciata nel dispositivo. Ad esempio, dichiarare la procedibilità di una causa di factoring senza imporre la mediazione significa implicitamente riconoscere la non obbligatorietà del tentativo conciliativo. Il giudicato interno si forma su quei capi della sentenza non impugnati che, di conseguenza, diventano definitivi all’interno del processo stesso, vincolando il giudice e le parti nelle fasi successive. Il giudicato esterno invece è l’efficacia che una decisione assume in un diverso processo, quando si ripropone la medesima questione tra le stesse parti.
