Nel precedente contributo abbiamo affrontato alcuni aspetti del controverso tema degli effetti che la riproduzione in una fideiussione delle clausole sanzionate da Banca d’Italia con il provvedimento n. 55/2005 (clausole riproduttive degli articoli 2, 6 e 8 dello schema ABI) ha sul contratto fideiussorio.

Sinteticamente, ho esaminato come la Corte di Cassazione si sia (oramai) orientata nell’affermare la nullità delle singole clausole (nullità relativa), piuttosto che dell’intero contratto (nullità assoluta); nel contempo, che una sempre più crescente giurisprudenza di merito (cfr. da ultimo, anche, T. Lecce 7 maggio 2025, n. 1432) estende detta nullità anche all’ipotesi in cui dette clausole siano inserite in contratti di garanzia rivolti a singole operazioni di finanziamento (fideiussioni specifiche) e non in quelli in cui la garanzia è rivolta alla molteplicità delle operazioni compiute dal garantito (fideiussioni omnibus). È fideiussione omnibus quella prestata per tutte le obbligazioni che il garantito assume verso un istituto di credito in dipendenza di operazioni bancarie di qualsiasi natura.

Personalmente mi trovo d’accordo con questo nuovo filone giurisprudenziale in quanto, volendo andare all’essenza del provvedimento sanzionatorio di Banca d’Italia, ciò che dovrebbe condurre alla sanzione della nullità è la ravvisabilità di un collegamento funzionale tra l’intesa restrittiva della concorrenza esistente “a monte” tra gli istituti di credito (accertata da Banca d’Italia nel 2005) e l’atto negoziale che si pone “a valle” di essa (i.e., fideiussione stipulata tra istituto di credito e cliente) e che diviene essa stessa mezzo per violare la concorrenza.

Un tema che è rimasto, invece, aperto nel mio precedente contributo è quello della cosiddetta “prova privilegiata” fornita dal provvedimento sanzionatorio di Banca d’Italia del 2005 e che definisco “l’incognita temporale” post 2005.

Di seguito ho cercato di esaminare i principali snodi della questione, focalizzandomi su:

  1. la tipologia della nullità (si tratta di nullità assoluta o delle sole clausole standard) e l’impatto sul contratto di fideiussione;
  2. l’estensione del regime di nullità alle fideiussioni specifiche, che si pongono al di fuori dello schema “omnibus”;
  3. la cosiddetta “prova privilegiata” fornita dal provvedimento di Banca d’Italia del 2005 e quella che io definisco “l’incognita temporale” post 2005.

 

INDICE

  1. Prova privilegiata e limite temporale: l’effetto “post 2005”
  2. Questioni aperte e sviluppi: la parola alle Sezioni Unite
  3. Conclusioni

 

1. Prova privilegiata e limite temporale: l’effetto “post 2005”

Il provvedimento n. 55/2005 di Banca d’Italia costituisce un punto di riferimento per coloro che contestano, in giudizio, la validità delle clausole riproduttive dello schema ABI sanzionato dall’Autorità garante. Il documento, infatti, si pone a valle dell’istruttoria eseguita da Banca d’Italia nell’arco temporale immediatamente precedente al 2005 e attesta la sussistenza di un accordo anticoncorrenziale in quegli anni, fornendo una base probatoria solida (o almeno una presunzione favorevole al fideiussore). Tuttavia, si è posto il problema del fattore tempo: se le fideiussioni sono state stipulate dopo il 2005 o, addirittura, molto tempo dopo il 2005 è ancora invocabile quel provvedimento come “prova” della sussistenza di una intesa anticoncorrenziale “a monte” che si è riflessa nel contratto “a valle” concluso tra la banca e il fideiussore?

Argomenti pro estensione nel tempo:

  • se un istituto di credito, a distanza di tempo rispetto al 2005, ha continuato a utilizzare nei propri modelli di fideiussione il medesimo schema ABI sanzionato da Banca d’Italia nel 2005, si può sostenere che la pratica anticoncorrenziale sia perdurata nel tempo e sia esistente nel momento in cui la fideiussione è stata contratta. Di conseguenza, il fideiussore che, intenda contestare la validità delle clausole riproduttive degli articoli 2, 6 e 8 dello schema ABI inserite nella propria fideiussione, può fondare la prova che dette clausole manifestano la partecipazione della banca a un’intesa vietata, nel momento in cui la fideiussione è stata stipulata sul provvedimento di Banca d’Italia, ancorché risalente al 2005;
  • alcune pronunce di merito ammettono il principio di continuità: in sostanza, finché la modulistica adottata dagli istituti di credito per le fideiussioni fatte sottoscrivere dalla propria clientela rimane identica o sostanzialmente immutata, sebbene a distanza di anni rispetto al 2005, la violazione della normativa antitrust accertata da Banca d’Italia nel 2025 si perpetua.

Argomenti contrari o più rigorosi

  • a distanza di anni (in particolare se numerosi), non è detto che l’intesa accertata e sanzionata da Banca d’Italia nel 2005 sia ancora in essere. La banca, nel corso degli anni, potrebbe aver modificato la documentazione contrattuale, eliminando o attenuando le clausole;
  • per i contratti fideiussori stipulati dopo il 2005 (specie quelli molto distanti cronologicamente), il giudice potrebbe ritenere insufficiente il mero rinvio al provvedimento di Banca d’Italia del 2005, esigendo la prova “attuale” dell’esistenza di una pratica anticompetitiva alla data di stipula del contratto di fideiussione. In mancanza di tale dimostrazione – che colui che contesta la sussistenza di una pratica anticoncorrenziale è tenuto a fornire nel giudizio secondo i normali principi di ripartizione dell’onere probatorio – viene meno la “prova privilegiata” data dalla semplice produzione del provvedimento sanzionatorio n. 55/2005 di Banca d’Italia e il fideiussore deve affrontare un giudizio c.d. “stand-alone”, provando ex novo la violazione. In sostanza, è necessario offrire la dimostrazione che, anche dopo il periodo preso in considerazione nel provvedimento della Banca d’Italia, sia perdurata l’intesa restrittiva tra istituti bancari che ne ha formato oggetto ovvero ne che ne sia intervenuta una nuova. Non è dunque sufficiente dimostrare che, anche successivamente al provvedimento di Banca d’Italia (2005), i contratti fideiussori riproducano le medesime clausole oggetto del provvedimento reso, così come non è neppure rilevante accertare se tali clausole siano state abitualmente inserite nei moduli di fideiussione nel periodo successivo all’accertamento della Banca d’Italia. L’unica circostanza rilevante da accertare è l’esistenza effettiva, alla data in cui il contratto di fideiussione è stato stipulato, di un accordo tra le banche volto a limitare la concorrenza.

Dunque, le decisioni variano: alcuni tribunali “ampliano” la portata del provvedimento, altri richiedono un supplemento di prova riguardo al fatto della persistenza effettiva di una intesa anticoncorrenziale tra banche a cui l’istituto di credito abbia partecipato.

2. Questioni aperte e sviluppi: la parola alle Sezioni Unite

Rimangono aperte questioni che suggerirebbero l’opportunità di un intervento delle Sezioni Unite, nella loro funzione nomofilattica:

  1. prova privilegiata e distanza cronologica: allontanandosi progressivamente dal 2005, il giudice potrebbe chiedere sempre più di verificare se la pratica illecita fosse davvero vigente al momento della firma?
  2. conseguenze risarcitorie: se la nullità non è sufficiente a ripristinare la situazione antecedente, il fideiussore può agire per ottenere un risarcimento del danno derivante da prassi anticoncorrenziale?

La speranza è che pronunce unificatrici possano tracciare in modo più netto i confini tra l’utilizzabilità del provvedimento del 2005 e l’applicazione alle fideiussioni stipulate parecchio tempo dopo.

3. Conclusioni

Per il fideiussore risulta dunque decisivo confrontare il proprio contratto con le clausole originariamente censurate, verificare se la banca abbia mantenuto inalterato lo schema e, se la fideiussione è stata stipulata molti anni dopo il 2005, prepararsi a fornire prova della perdurante partecipazione all’intesa restrittiva della concorrenza.